25.7.07

 

Luca Salvatore. Fumisteria ermeneutica 

[poesia -35]

A p p r e n d i s t a t o
Capite bene che chi ha mano lesta la usa
non solo per levarsi la lordura di dosso!
L.S.

Non trova posto un pagliaccio, il suo è fermento,
apprendistato. Occorre del talento, o quel che sia,
della crudeltà per sorprendere e dare godimento (1),
per abolire questa santa teologia e sana ortografia!


La sacca da sempre piegata ad una brama assetata
e al deliquio d’occhi viziati. Santificare l’ebbrezza,
che riduca questo basso mondo a dittatura spietata!
Il primo passo: nessuna morale di cui beneficiare…


Pensate davvero che di poesia possa farsi mestiere?
Per finire s’offra la visione e calici ampi da cui bere,
sbornia e sconcerto, un cuore da mettere alle strette,
in rime appena accennate e canti a sette della morte.
Vado verso il Nesso funebre e verso le cose stesse:


il solo passo! mi tengan in lor balia, in seno grosso.
Fate la predica agli ammassi che empion le rimesse,
a modo mio fingerò d’esser davvero… commosso!


1 […] la poesia è «la poesia assoluta, la poesia senza fede, la poesia senza speranza, la poesia fatta di parole che vengono messe insieme per affascinare» (I, 524). Dall’Introduzione, Gottfried Benn, Poesie Statiche, a cura di Giuliano Baioni, Giulio Einaudi Editore, p. XXXV.

***
A c q u e f o r t i

Nude insegne al neon scrutano
l’intero fruscio del mondo…
L.S. Rosemary Chicken Linguine


Le Caricature vengono ammassate in tronconi!
– Sia se dev’essere il Carnevale, le facce imbrattate,
il corteo con tutti i suoi saltimbanchi e buffoni.
Si cerca d’ingannare alla maniera dei più. Provate!


Arlecchino sempre chino sulla sedicesima parte
tira avanti la notte a forza di bere per star sveglio,
prepara la vendita al dettaglio, la rassegna d’arte.
Canta sospeso, non ha da fare niente di meglio.


Già due amori son morti. Già due sulla coscienza.
– Oggi m’accoppio su un bel tappeto doppio.
Ti verrò sopra. È il mio modo di godere pazienza!


È la mia data e i ministri lunari porteran fortuna.
– Ce n’andremo da amici fidati e sbronzi d’oppio
a goderci il gran spettacolo segreto sotto la luna.


***
P i e r r o t f u m i s t a
Per il compiersi della risolutezza suprema
serve una certa inclinazione all’ebbrezza
e soprattutto dei gran pasticci alla crema.
L.S.


Notte di gala e gran chiasso al ballo degli Impiccati
fan piroette e balzi quei roridi monconi ritorti
– do, mi, sol – allegri festanti ubriachi e sfangati
girano in tondo, davvero non pare sian morti!


Vino e cervello guasto canto, del lor Fattore la morte,
l’ultimo ideale sospiro e singhiozzo nel gozzo,
gancio pendente dal culo e braccia contratte ritorte:
“Io son Pierrot fumista di foriera morte scagnozzo!”

Solo professo l’ordire da Nesso e fianco d’Impero,
fiera farsa d’addobbo e inguantata sozzura,
insensato torpore in gola vibrante e sonoro.
Il mio è sarcasmo d’ubriaco, squarcio che non sutura.

Ho il cuore impotente all’amore e la bocca sporca.
Fantoccio e prodromo d’imbroglio a spessi catenacci
imbriglio la rima e faccio alla mia maniera scartafacci,
oltraggi al regale banchetto. Son pendaglio da forca!

Gran baccano di giga! Piegati ad un riposo straziante
quegli esuli ingrati tra piroette e balzi danno fondo
ai boccali, schiumando la bocca alla luna calante.
Non paion morti davvero girano e rigirano in tondo!

versi tratti Fumisteria ermeneutica di Luca Salvatore
Collana I lapislazzuli, Joker 2006


LUCA SALVATORE (è nato e vive a Potenza, nel 1978). E’ un libro dalla struttura solida e complessa Fumisteria ermeneutica e dalla lingua modulata su livelli tonali che si aprono a ventaglio su molteplici chiavi di lettura. Un libro per certi versi “duro”, “contro” che interpreta verità e finzione, attraverso la metafora del teatro e delle maschere.
“Benvenuti, pravi, alla fumisteria ermeneutica” recita l’autore in prima pagina “lasciate voi … ogni spettanza e bardata montura”.
E fin dalle prime pagine, nel semibuio della “scena”, cominciano ad apparire strane manifestazioni figurali, allucinanti presenze. Sono le maschere errabonde di Colombina, Arlecchino, Pierrot, Policinella… nel tentativo di interpretare se stesse -le loro verità!- e le loro “scenette” migliori. Uno spettacolo che si anima da dentro sotto fasci di luna e biancori di stelle.
Il copione che recitano aspetta voci e sguardi... forse quelli di uno spettatore incantato o di un bambino, di un poeta del nulla, ma “non trova posto un pagliaccio, il suo è fermento/ apprendistato”,nell’ansa degli spalti spiritelli scalzi danzano a fiera/ sanno che tutto recede e niente resta dai compendi,/ incuranti di tutto, al tempo che passa calan la visiera!”. "Fumisteria ermeneutica" è libro dagli accenti ruvidi e forti, a tratti irriverente, sicuramente da leggere e da rileggere, come è stato già detto, in cui non manca il coraggio della parola e un sano risvolto di ironia. Un lavoro, infine, in cui l’autore attraverso la metafora delle maschere, ci restituisce una poesia nel suo valore di segno puro e nell’autonomia del significante.
by Maria Pina Ciancio

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16.7.07

 

Teresa Armenti. Quotidiana/mente 

[poesia -34]

"Se fossi qui presente / la casa si riempirebbe
di strilli d'amore / e del terrazzo in fiore" (T.A.)

Nella mia nuova casa

I lampadari dell’ingresso?
Quelli son nati storti:
Uno pende a destra,
l’altro a sinistra.
Li faccio raddrizzare
ma non ci si riesce,
ritornan sempre come prima.
Vogliono farmi un po’ di compagnia.
La porta del bagno fa un rumore tremendo;
è facile capirlo:
è stata messa storta.
E il box della doccia?
Anch’esso un po’ di sguincio.
La chiave del portone
si gira al contrario.
E’ inutile dirlo:
la serratura è stata messa storta.

I quadri sono pendenti e con chiodi evidenti.
I tappeti sono obliqui.
Lo sportello in cucina
si storce in giù quando lo apri.
Il caminetto ha due lati obliqui.
E’ proprio uguale a me
quando cammino.
La porta della mia stanza da letto
per la furia del vento
ha il legno che fuoriesce.
Anche i dolci che preparo
vengono storti e con la gobba.
I cesti che ha fatto mio padre
usati per portariviste
tendono a torcersi.
E il cofano della legna?
Anch’esso non sta dritto.

Ci mancava il cane del mio vicino.
Cadendo s’è azzoppato
e quando mi vede
dimena la coda
e mi viene incontro
con la sua zampa rotta.

Io pure mi avvicino
col mio passo incerto
e l’accarezzo a lungo.

Le cose più vicine
per parlarmi d’amore
assumono anche loro
la mia posizione.

Sono circondata
d’affetto a dismisura.


versi tratti da "Quotidiana/mente" di Teresa Armenti
Romeo Porfidio Editore, Moliterno (PZ)

TERESA ARMENTI (è nata a Potenza e vive a Castelsaraceno in provincia di Potenza). Da una rilettura di Quotidiana/mente (1993) vi propongo questo bellissimo testo poetico di Teresa “La mia nuova casa” in cui la poesia torna ad essere una emanazione diretta del quotidiano, una estensione dell'uomo come essere vivente e pensante. C’è in questi versi la ricerca della poeticità del semplice, del non sublime, un raccontare caratterizzato da uno stile ironico e colloquiale, lontano da ogni sentimentalismo e da ogni retorica. Il messaggio è multiforme, ma è nel quotidiano della casa, negli oggetti di ogni giorno, che la poetessa riconosce e riscopre piccole verità, in un gioco costante di rimandi e associazioni di senso. Una levità giocosa e accogliente, che sottende la consapevole amarezza della solitudine e dell'incomunicabilità "sono circondata/ d'affetto a dismisura", ma anche il bisogno tutto umano di voler ristabilire il contatto spezzato con la vita, attraverso la parola e la sua vasta catena di significati ironici e simbolici.
by Maria Pina Ciancio

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1.7.07

 

Vito Viglioglia. Del silenzio e del fuoco 

[poesia -33]
Emersione
Di perle pallide, bagnate, sui ruvidi seni dell’ignoto,
s’induriscono come alghe al sole i capezzoli dell’incomprensione.

Immaginazioni,
come spirali sul ventre d’amore mi riconducono al colore.

***

Sono i viaggi parlati.
Sono i percorsi fantastici.
Dissonanze dello speaker nella stazione.

Dove sgorga il senso.
Dove i crocifissi suonano.
Dove sarà domani?

***

Il mio amore scivola nel fosso.
Il fondo è di niente.
Pensiero il mio.
Contro pensiero.

Il vento fra i rami come brezza che manca.
Le lune con i tacchi a spillo,
le lacrime rotte,
il tutto è in me come turbolenza.

***

Questo è il male che mi dai:
le tue parole vane,
il senso del mio amore che lascio svanire nella vita,
fra le cose che, mirabili,
semplicemente esistono.

Dio,
il tuo amore
e il cielo delle nuvole
mi hanno preso per mano fino al tramonto
per poi cedermi in sposo alla notte.

Palpebre di vuoto infuocato
Chiudono i miei occhi,
vedrà l’anima senza amore fatale.
Sempre berrò l’unico senso svanito.
Mai saprò vestirmi come in passato,
e chiuso me ne andrò sporco e sentirò i suoni della notte,
i tuoi suoni, Dio che mi allontani.


***

La fine è uno scalpo
Senza consolazione.
Rumore primordiale.
Frastuono.
Profuma di margherite che non ci sono.
Mi ami.
Sei andata via,
ma resti.

***


Velame

Rumori della notte,
nella musica c’è l’aria perenne
di chi si sveglia
con il grano tra gli occhi.
Sapore della carne, del movimento d’onda
che sovrasta.
Com’è fresca l’acqua senza solitudine
di volo.

versi tratti "Dal silenzio e dal fuoco” di Vito Viglioglia
stampato da S.t.e.s. Potenza, 2004
(immagine di Ettore Spalletti)


VITO VIGLIOGLIA (è nato a Melfi, studia Filosofia presso l’Università Federico II di Napoli). "Del silenzio e del fuoco" è un’opera interessante, si legge in una successione delicata e ben tramata con un certo gusto per la domanda pronunciata e l’affermazione che attesta le tante, dolorose verità rifuggite per necessità d’inganno nel nostro percorso di vita. Anche di questo parla Viglioglia, di tutte le illusioni e dello svuotarsi dei sensi che portano allo smarrimento di sè, un paradosso che pure serve allo stesso disvelamento della verità ontologica, benché non appaia nella sua tormentata soluzione ma nella sua inevitabile comparsa. L’itinerario si svolge tra puntelli simbolici e reali appartenenti soprattutto alla natura; il silenzio e il fuoco stessi lo sono, aderenti ad un luogo, il Vulture, e ad uno stato di isolamento naturale e ricercato, in cui si richiama in modo costante e ossessivo Dio, onnipresente e incessante nella funzione Padre di amore assoluto e severo. In tutta l’opera sembra premere il fuoco dal basso del vulcano spento ma non morto in una tensione vertiginosa e condotta, così come il silenzio segna un perimetro di ricerca che potrebbe tradire all’improvviso la scoperta, la traccia, la morte che però “non è la fine ma l’attesa di una speranza”. Una poesia che s’appresta ad essere matura, particolarmente delicata e composita nell’intensità delle immagini, semplicemente sospesa in se stessa e nel tempo in cui si compie.

by Maria Luigia Iannotti

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