12.6.06

 

Rocco De Rosa. La mela malata 

[narrativa -4]

U
na luce intensa, di colore bianco, illumina la facciata del grande edificio sul pendio della montagna che sovrasta la Valle dell’Agri. E’ sera avanzata e le ombre nette vanno assumendo nel buio un volto umano; proiettano una dimensione di vita. La luce, emessa da alcuni riflettori, fa risaltare perfettamente il palazzo, sobrio e austero insieme. Un edificio costruito almeno quarant’anni fa, quando l’agricoltura aveva un altro senso nella vita dei paesini del Sud: era un’arte obbligata, un lavoro inevitabile per chi lo praticava. Non di rado fonte di miseria per braccianti ed operai; spesso motivo di ricchezza per i padroni che, a loro volta, mettevano a frutto la terra per non venir meno alla loro condizione sociale di proprietari.
La luca bianca dei riflettori fa risaltare anch’essa una condizione di netto predominio di cui il palazzo di campagna è espressione ancora oggi.

Si avverte il peso di un’aria stagnante. Non c’è una sola persona,tra quelle uscite dalla casa di campagna e tra gli stessi passanti, che si senta davvero a suo agio. La paura e il timore di finire nell’inchiesta dei magistrati sono come una maschera tremenda. Il gruppo delle persone uscite da quel palazzo rappresenta la sintesi del potere e della forza economica, ma anche l’espressione di certa politica con i suoi personaggi, i suoi ritmi e con regole ben precise. Quanto basta per sentirsi l’ombelico del mondo. Per questo influenza gli stati d’animo degli altri e condiziona un po’ tutto. I minuti scorrono. L’aspetto del cielo si fa sempre meno gradevole e le poche nubi contribuiscono a diffondere attesa e incertezza.

Uccio sale in fretta le scale, entra in un appartamento e chiama in una stanza Teo, con una gran fretta. Cerca di convincerlo a scendere giù e ad avere contatti con i lavoratori. Ma Teo non sembra disponibile. E’ intento a fare altro. Ha davanti a sé, stranamente, un bel cestino di mele. Alcune buone, altre cattive. Ne trova diverse con delle macchie abbastanza evidenti. Eppure le mele non sono marce, ma sono solamente malate, chissà perché. Teo non riesce a darsi una spiegazione. Vorrebbe buttarle via e lasciare nel cestino le poche buone. Invece decide di conservarle tutte, buone e cattive insieme. Le mele sono state raccolte nel frutteto del palazzotto che guarda il fiume Sciagura, dove cominciò quella mattina all’alba tutta la tragedia degli arresti e del carcere.
“Queste mele sono un segno della nostra vita. Non è possibile gettarle come si fa per le cose vecchie di cui vogliamo sbarazzarci a tutti i costi. Devo conservarle, soprattutto quelle cattive. Che in fon dei conti cattive non sono. Sono solo malate e testimoni di un tempo che è riuscito a rovinarle, con i suoi giuochi perversi e le sue malefatte… Il tempo di oggi così difficile e instabile. Così strano e minaccioso!”.

La mela malata di Rocco De Rosa
Iride Edizioni - Rubbettino Editore, 2005

ROCCO DE ROSA è nato e vive in Basilicata dove attualmente lavora. La mela malata è un romanzo affollato, è il caso di dire, da tantissimi personaggi, almeno nella prima parte: politici ambiziosi, imprenditori scaltri, donne ossessionate dal potere e dall’amore allo stesso tempo, giovani fermi al bivio del compromesso che poi sceglieranno la via del riscatto umile e crolleranno in tutta la loro ingenua fragilità sul finale, magistrati corrotti, uomini onesti che rimangono sulla scena nello sfondo in contrapposizione. Il romanzo è ambientato in questa terra e probabilmente prende spunto dai fatti della tangentopoli lucana ma si spinge ad analizzare a tutto raggio, anche nei sottili e drammatici risvolti psicologici dei protagonisti, un fenomeno molto più imponente che è quello di Mani Pulite, che ha modificato il volto e il costume di un intero paese. Una scrittura ancora più efficace quando diviene volutamente ripulsiva, sfrontata nei toni, ruvida. Credo che quello di De Rosa sia il romanzo delle nostre piccole storie malate, che incarna appieno il senso della nostra cultura materialista, il romanzo dell’uomo del nostro tempo sempre spinto sull’orlo della tentazione o credo sia semplicemente il romanzo dell’uomo…

by Maria Luigia Iannotti

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