Carlo Levi. Lettere alla madre

ho finito in questo momento di dipingere una piccola natura morta, e mentre la riguardo, ti scrivo. Sono i soliti frutti, così familiari, identici a quelli di costì: qualche fico bianco, rosa nell’interno, uva bianca, uva nera, e grandi foglie verdi di fico. Ma come il colore è più contenuto e modesto di quello che mi era abituale! Un digradare di terre giallastre e grigie ricorda il paesaggio di qui, e lo svolgersi dei colli, indefinitamente coperti di paglia arida e di radi e bassi ulivi. Capisco adesso la straordinaria libertà e ricchezza del colore di Alassio, dove l’azzurro più intenso fa parer rosati gli ulivi bianchi e i violetti delle pietre e i gialli e i rossi delle rocce son rivelati dal verde bluastro dei carrubi, e le palme si alzano tra i fiori come allegri pennacchi. Qui nessun contrasto interrompe l’orizzonte sempre uguale, e il seguirsi di campi e delle valli, a perdita d’occhio. Umili sono i colori di questa terra che anche Virgilio e Dante hanno chiamato così: e proprio in questa umiltà è la sua bellezza: ho dipinto ieri il primo paesaggio grassanese, una distesa di colline e di campi bianco-giallastri, con radi alberi grigi, e le prime case bianche e grigie del paese. Mi pare di averne reso abbastanza bene il carattere, e mi sono servito di una gamma di colori per me inusitata e che vi stupirebbe, che va dal giallo al violetto, senza conoscere né l’azzurro né il rosa. Tutto quello che manca di colore durante il giorno, si ha invece al tramonto, che è infuocato e splendido: ma dura pochi minuti, e subito arriva la notte. Non ci sono quei lunghi crepuscoli che piacevano a Leonardo, e che io adoperavo per dipingere fino a buio.
Tanti cari saluti e baci a tutti
Carlo
(Torino, Archivio della famiglia Levi)
CARLO LEVI (Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975) Quando penso a Levi, penso alla Lucania. Penso alle lettere. Non al Cristo, non ai dipinti del confino, ma alle lettere. A quelle bellissime lettere-documento che raccontano l’uomo Levi e il suo modo di stare nella vita. L’animo sensibile e gentile del medico-scrittore torinese che nel ‘35 approda, esiliato politico, in un Sud lontano, arcaico e sconosciuto, ricco di umanità e colori sottesi. Cara madre… Cara Luisa… e poi quel tono pacato, carezzevole, aperto che contraddistingue le lettere, la pittura, il romanzo. Uno sguardo di cura e attenzione per l'altro, la terra e lo straordinario svelarsi dei luoghi e delle cose.
Etichette: carlo levi, racconti