30.1.08

 

Carlo Levi. Lettere alla madre 

[Narrativa -13]

Grassano, 7 settembre 1935
"Cara Mamma mia,
ho finito in questo momento di dipingere una piccola natura morta, e mentre la riguardo, ti scrivo. Sono i soliti frutti, così familiari, identici a quelli di costì: qualche fico bianco, rosa nell’interno, uva bianca, uva nera, e grandi foglie verdi di fico. Ma come il colore è più contenuto e modesto di quello che mi era abituale! Un digradare di terre giallastre e grigie ricorda il paesaggio di qui, e lo svolgersi dei colli, indefinitamente coperti di paglia arida e di radi e bassi ulivi. Capisco adesso la straordinaria libertà e ricchezza del colore di Alassio, dove l’azzurro più intenso fa parer rosati gli ulivi bianchi e i violetti delle pietre e i gialli e i rossi delle rocce son rivelati dal verde bluastro dei carrubi, e le palme si alzano tra i fiori come allegri pennacchi. Qui nessun contrasto interrompe l’orizzonte sempre uguale, e il seguirsi di campi e delle valli, a perdita d’occhio. Umili sono i colori di questa terra che anche Virgilio e Dante hanno chiamato così: e proprio in questa umiltà è la sua bellezza: ho dipinto ieri il primo paesaggio grassanese, una distesa di colline e di campi bianco-giallastri, con radi alberi grigi, e le prime case bianche e grigie del paese. Mi pare di averne reso abbastanza bene il carattere, e mi sono servito di una gamma di colori per me inusitata e che vi stupirebbe, che va dal giallo al violetto, senza conoscere né l’azzurro né il rosa. Tutto quello che manca di colore durante il giorno, si ha invece al tramonto, che è infuocato e splendido: ma dura pochi minuti, e subito arriva la notte. Non ci sono quei lunghi crepuscoli che piacevano a Leonardo, e che io adoperavo per dipingere fino a buio.
Tanti cari saluti e baci a tutti
Carlo
Lettera di Carlo Levi alla madre
(Torino, Archivio della famiglia Levi)
nella foto in alto - Danilo Dolci e Carlo Levi

CARLO LEVI (Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975) Quando penso a Levi, penso alla Lucania. Penso alle lettere. Non al Cristo, non ai dipinti del confino, ma alle lettere. A quelle bellissime lettere-documento che raccontano l’uomo Levi e il suo modo di stare nella vita. L’animo sensibile e gentile del medico-scrittore torinese che nel ‘35 approda, esiliato politico, in un Sud lontano, arcaico e sconosciuto, ricco di umanità e colori sottesi. Cara madre… Cara Luisa… e poi quel tono pacato, carezzevole, aperto che contraddistingue le lettere, la pittura, il romanzo. Uno sguardo di cura e attenzione per l'altro, la terra e lo straordinario svelarsi dei luoghi e delle cose.
by Maria Pina Ciancio

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5.1.08

 

Romanzi e racconti della memoria e della cultura popolare 

[narrativa -12]

foto Francesca Zito, 2004

«Un classico è un libro che non ha mai finito
di dire quel che ha da dire»
(I. Calvino, Perché leggere i classici
)

Alcuni libri sono da leggere e da rileggere. Alcuni titoli non dovrebbero mancare tra gli scaffali delle nostre biblioteche. Alcuni classici racchiudono da sempre il fascino del tempo, dei luoghi e della storia.
Testimonianze uniche. Documenti preziosi.
Memorie di un'Italia che cambia, tra '800 e '900.
Ecco alcuni titoli. Solo alcuni però, altre segnalazioni o semplici riflessioni ci piacerebbe accoglierle tra i commenti.
I Malavoglia di Giovanni Verga (uno spaccato delle campagne siciliane attraverso le parole del maestro del Verismo); Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi (la cronaca del confino in Basilicata tra il '35-36 dello scrittore e pittore torinese); Vino e pane di Ignazio Silone (una continuazione ideale di Fontamara, il racconto di Pietro Spina, un rivoluzionario braccato dal fascismo e il ritorno a Marsica, che fa da sfondo con la sua agricoltura povera e i suoi contadini alle vicissitudini del protagonista); Canne al vento di Grazia Deledda (una intensa storia d'amore ambientata nella terra d'origine della scrittrice, la Sardegna); Fontamara di Ignazio Silone (le cui vicende si snodano durante i primi anni della dittatura fascista a Fontamara, tra una realtà sociale fatta di cafoni -braccianti, manovali- e piccoli proprietari terrieri); Di viole e liquirizia di Nico Orengo (ambientato nelle Langhe, dove "il vino è come il petrolio" ed ognuno punta a far meglio dell'altro); Vino al vino di Mario Soldati (un indimenticabile viaggio nelle campagne italiane degli anni '60).

Senza commenti. Solo l'incipit del Cristo.

"Sono arrivato a Galiano un pomeriggio di agosto, portato in una piccola automobile sgangherata. Avevo la mani impedite, ed ero accompagnato da due robusti rappresentanti dello stato, dalle bande rosse ai pantaloni e dalle facce inespressive. Ci venivo malvolentieri, preparato a veder tutto brutto, perchè avevo dovuto lasciare, per ordine improvviso, Grassano, dove abitavo prima, e dove avevo imparato a conoscere la Lucania. Era stato faticoso dapprincipio. Grassano, come tutti i paesi di qui, è bianco in cima da un alto colle desolato, come una piccola Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto".
(da Il Cristo si è fermato a Eboli, Carlo Levi, prima edizione 1945)

by Maria Pina Ciancio

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