[narrativa -9]
Il tratto che unisce passaggio a livello e incrocio dalla cartiera è alberi d'olivo, legati da due corde di muretti in pietra a secco. Le distesa, chilometri e chilometri di piante, è tagliata da una vena di catrame, la strada che stavano percorrendo. Brecciame, una cunetta, il prato dove posano i primi alberi, infine il grosso delle piante, sul drappo di reti di arancio, per la pesca delle olive quando è stagione. Gli oliveti sono d'africa, colore di tribù. Siedono in cinque o sei sui circoli di pietre e goodyear, dritte le donne, gli alberi contorti, capelli attorcigliati in code tortili e nerissime, i bulbi oculari giallastri e turgidi, due seni sulla faccia.
Stavano tagliando dritto, ora un proiettile di auto brucia contro il muro della cartiera dismessa. Le donne si sono voltate al botto. L'altra macchina ha sbandato, prima di affondare nella cunetta, il vetro impazzito in una ragnatela. Una figura curva è scappata in mezzo agli alberi e subito si è persa. Immobile, dallo scranno di collina, anche la città piccola ha visto.
Sono arrivato a martedì, seduto dove sono seduto, al bar dell'ospedale. Ieri era diverso. Ieri ero in ufficio, seduto come adesso, un piano di formica uguale, fettucce di spazi liberi e polvere davanti, c'è la tastiera, c'è il computer, ci sono le pile di fascicoli, c'è il tondo vuot intorno la bicchiere del Campari che ha un bordo di limore infilzato e gocciolante, passa il collega, sembra tirare dritto ai fatti suoi, invece torna indietro, si china, lo guarda, lo tira via con il pollice e l'indice, lo infila tra i denti. Succhiando va a chiudersi nella sua stanza. Dopo un pò fischietta. Si vede che l'ha sputato dentro il cestino, nel frattempo. Anche l'altro ieri era diverso. Domenica. (...)
(incipit del romanzo)
da "Sotto questa cenere" di Cinzia Zungolo
Collana "Tempora", Dario Flaccovio Editore, 2005
CINZIA ZUNGOLO (è nata nel 1963 a Potenza, attualmente vive e lavora a Verona). E’ un romanzo che viene dalla poesia “Sotto questa cenere” dallo stile pungente, brillantemente metaforico e dall’ampio ventaglio lessicale, illuminante e aperto a una moltitudine di significati. L’architettura del romanzo, oltre 400 pagine è complessa, tre storie si snodano parallele tra il celato e il non detto, si sfiorano, si riconoscono per assonanza talvolta, o associazione di senso. Quella del protagonista e Martina, di Gioia “zoppo fallito” e sua moglie Maria, della banda di Toro, Vito, Olindo, Recchia e gli altri. Tutti personaggi, uomini e donne in movimento verso qualcosa o qualcuno, al tempo stesso vittime e carnefici. Tutti sotto questa “cenere”. Tutti irrimediabilmente falliti e cronaca da giornali. Un romanzo difficile, poetico e spietato questo della Zungolo, stimolante per quello stile sfuggente e quella realtà solo apparentemente sfiorata da una scrittura sincopata che spezza continuamente il senso, spaesandolo, dislocarlo nella pagina in un'armonia di chiari e scuri e di ritmi che catturano e disorientano. “Nello scrivere mi faccio portare dal ritmo, dai suoni –dichiara l’autrice in una intervista- il lavoro sulla scrittura è per me almeno tanto indispensabile quanto, per uno scultore, quello sui materiali". by Maria Pina Ciancio
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